martedì 29 settembre 2015

Al sole delle cinque passate


Il sole ancora slitta sulla tangenziale. Il sole delle cinque del pomeriggio passate, che sa di bruciato e d'autunno. E dentro questo scintillio ripenso al bisbiglio, dove è barricato il mio vedere, il mio serbare di polvere e poi il confidare, come ogni tanto accade in questo blog.
Mi dico sempre: dici poco, ma quello che conta. Quello che credi possa servire. Così come mi dicevo: compra poco, quando si trattava di dischi in vinile, di cose che mi appassionavano o di uccellini.
E intanto si ricade sempre nella trappola. Basta quello scintillio d'autunno, sulla tangenziale, che comincia a girare questa ruota, che alla fine porta solo a un intruglio, una serie di piccoli frammenti di vero o solo di una verità pensata, contraddetta, sfiorata, e quindi alterata, ma che in questo momento è parte della mia vita, come quell'ultimo slancio di sole, che quando metterò il punto a questo post, probabile che sarà già svanito. Eppure riaccade la finzione, anche nel getto spontaneo, di considerare urgente l'impulso, la scossa che porta ad aprire una frase, a coordinarla ed elaborarla verso un senso, che forse non ha e che non avrà mai: eppure, in questo momento, questo gioco di frasi è la mia vita. Perché negarla. Forse, potrebbe avere una confezione diversa, per gli assaggiatori di caffè, che hanno bisogno di quell'aroma, della speciale canna da zucchero per accostarsi ad una tazzina.
Il mio intruglio non avrà mai standard e nemmeno volontà di piacere. Non credo che dietro il gesto vi sia soltanto la volontà di essere degustati. Sarebbe un suicidio. Immaginarsi in gara con tutti gli aromi e i gusti del mondo. Quelli più variegati, ma anche quelli meglio controllati, elaborati, confezionati. Che senso avrebbe esprimersi per raggiungere e tentare un approdo diretto e semmai strategico con un mondo ricettivo unico, standardizzato? Il mio gesto di questo attimo, la mia costruzione di questo momento, è già la mia vita che parla e che passa, e questo ormai mi basta. Non me lo faccio bastare, ma mi basta. Mi basta questo silenzio, che solo le mie dita riescono a infrangere, forse in competizione con una macchina per cucire, che lavora giusto sopra la mia testa, dal piano di sopra. Credo che l'operazione di chi sta utilizzando la macchina per cucire, in questo momento, sia molto più sensata del mio intruglio di frasi e di pensieri. Avrà certo una funzione, che al momento questo mio tempo, impiegato e dedicato con tutta la mia concentrazione disponibile, non credo che mi ripagherà mai. Ma anche in questo non essere ripagati,  vi ritrovo lo stesso una parte preziosa della mia vita. Quella di quest'attimo, per esempio. L'unica consolazione è che adesso, che sto concludendo, è rimasto ancora del sole sulla tangenziale. Lo stesso scintillio dell'inizio. Quello delle cinque passate, che sa di bruciato e di autunno, quanto lo scherzaccio di questi miei pensieri, barricati nel bisbiglio a cui ripenso ancora, mentre cucio a mano il mio vedere, il mio serbare o confidare nel pomeriggio, come ogni tanto accade in questo blog.


















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